Giornalisti minacciati, cronaca, informazione e verità

Sempre più cronisti sono il bersaglio preferito per fermare le loroinchieste scomode. I giornalisti precari sono più deboli nella catena dell’informazione; sono minacciati più dei colleghi contrattualizzati e garantiti dalla copertura della difesa giudiziaria da parte dell’editore. Una maniera efficiente per sfiancare un cronista, per fermare le sue ricerche, i suoi articoli. Poi, la richiesta del risarcimento o l’attentato con gravi danni per quel giornalista precario, non assistito e tutelato dal suo editore, diventa la morte, quando non termina con la grave minaccia dell’intimidazione violenta e arriva anche la paura, specie per la famiglia.

La logica vuole che un’informazione serie a corretta, rispettosa della verità, non comporti di norma alcuna reazione. Si tratta di riflettere oggi sulla sembianza se il giornalista preso di mira è un piantagrane; come dire, se le grane se le cerca per emergere, non con opinioni o provocazioni ma scovando le notizie, possibilmente quelle inedite e magari aggiunge per errore quello fuori dalle righe che equivale alla menzogna, addirittura in buona fede. Si può sbagliare, ma l’errore non può diventare la verità, se poi è intenzionale, o se si tratti di un episodio di superficialità o se sia meramente colposo, cioè indotto da una fonte che sembrava credibile e magari era una bufala mescolata nella cronaca sei fatti veri; quindi, la minaccia o la querela è arrivata da una parziale o non corretta verifica della notizia, in danno a tutta l’informazione. Il rapporto di fiducia tra gli organi d’informazione e i cittadini è la base del lavoro di ogni giornalista che si rispetti. E non può essere frainteso, o peggio ancora, usato come arma per secondi fini, o peggio ancora, per mero narcisismo e nulla di più. La verità deve essere intesa quale regola principe ancor prima della notizia stessa.

Concetto Alota

Autore dell'articolo: ma1tv

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